Mieloma

Un tumore da cui si può guarire.

Grazie all’avvento di nuovi farmaci e al perfezionamento dei trapianti di midollo osseo, la cui comparsa risale ai primi anni ’90, la terapia del mieloma multiplo ha fatto passi da gigante ed esso non è più una condanna ineluttabile, ma è entrato nel novero dei tumori che possono essere guariti o con i quali è possibile convivere mantenendo un’ottima qualità di vita per molti anni. Il mieloma multiplo colpisce circa 3.500 italiani ogni anno, soprattutto maschi e nella fascia di età compresa tra i 60 e i 70 anni; negli ultimi anni si è registrato un incremento di nuovi casi, legato probabilmente all’aumento della vita media.

Cos'è il mieloma?

Il mieloma, detto anche mieloma multiplo perché colpisce più sedi all’interno dell’organismo, è un tumore che nasce nel midollo osseo, dove un linfocita B subisce un’alterazione genetica e trasmette caratteristiche tumorali a tutte le cellule che ne discenderanno, dei globuli bianchi denominati plasmacellule deputati alla produzione degli anticorpi. Le plasmacellule maligne producono una proteina anomala, l’immunoglobina monoclonale, che a differenza delle normali immunoglobine non svolge funzioni positive all’interno del sistema immunitario e anzi ne mina il funzionamento. Inoltre, le immunoglobine maligne rilasciano delle sostanze chimiche (citochine) che tendono ad erodere il tessuto e il calcio delle ossa, causando dolori ossei – più intensi di notte e quando si eseguono movimenti, ad esempio quando ci si alza o ci si siede – e lesioni multiple di dimensioni variabili. Ciò provoca inoltre un aumento del calcio nel sangue e nelle urine, che sovraccarica i reni e può determinare un’insufficienza renale.

Come si manifesta?

La diagnosi di mieloma avviene spesso per caso, in seguito a un banale esame del sangue di routine. Ciò in quanto i sintomi sono molto variabili da paziente a paziente, e facilmente confondibili con quelli di altre patologie. Normalmente i sintomi sono:

  • dolore osseo, perlopiù localizzato lungo la colonna vertebrale, il bacino o le costole, che viene aggravato dai movimenti. Nei segmenti ossei sottoposti a carico di lavoro continuo (ad esempio le vertebre) possono verificarsi fratture. Il dolore e le possibili fratture sono causate dalla proliferazione delle cellule tumorali nel midollo e dal rilascio di Interleuchina 6 (IL-6), una proteina prodotta dalle cellule del sistema immunitario che induce alla produzione di osteoclasti, cellule deputate alla riparazione di traumi ossei che se però vengono sovraprodotti ne inducono la frattura;
  • ipercalcemia, qualora la frattura ossea sia di una certa estensione e rilasci calcio che si concentra in maniera eccessiva nel sangue. In alcuni pazienti ciò può assumere proporzioni gravi, con nausea, vomito, astenia e confusione mentale, fino al coma;
  • insufficienza renale, spesso asintomatica, dovuta sia all’ipercalcemia sia alla precipitazione di frammenti di immunoglobine, detti proteine di Bence-Jones, nel tubulo renale (il che può indurre a una patologia nota come sindrome di Fanconi). L’insufficienza renale può anche derivare dall’uso di farmaci nefrotossici o dalla disidratazione del paziente;
  • astenia, debolezza generale e facile affaticabilità, prodotte dall’ipercalcemia e dall’anemia;
  • neuropatia: l’osteoporosi può determinare crolli vertebrali, con possibili conseguenze neurologiche legate allo schiacciamento del midollo spinale. Inoltre, l’aumentata produzione di immunoglobina può provocare una sindrome di iperviscosità con disturbi coagulativi, visivi (retinopatie) e neurologici (cefalee);
  • anemia, causata dalla mancata produzione di cellule ematiche a favore delle cellule tumorali che si infiltrano nel sangue.